1° attimo
Lei andava sempre in cerca di emozioni che fino ad allora
aveva trovato solo nei libri e aveva trasmesso ai suoi quaderni con la giusta
enfasi. Sedici anni, bella, con molteplici espressioni, tante, fino a
confonderle.
Si muoveva tra i sogni e le stelle e spingeva anime verso
grandi amori, ma troppe volte masticava amare delusioni.
Lei era sempre in compagnia di qualche innamorato che
riusciva, comunque, a tenere a debita distanza e l'unica volta che si trovò da
sola, inciampò contro un imbranato sorriso e s’innamorò.
Direte: “Così, tutto d’un tratto?”
Non lo so, può darsi. Fatto è che poco tempo dopo
erano da soli, seduti su una panchina, nei pressi della scuola.
Lui, non so come si lasciasse chiamare, era piuttosto
goffo e poco intraprendente. Portava spessi occhiali da vista e aveva i capelli
rossicci, sempre in disordine.
Balbettando, lui le chiese il suo amore e, quasi
balbettando lei glielo confermò, accecata dall’inesistente bellezza di lui.
Lui aveva sempre un pocket coffee in tasca, e glielo
diede. A lei non piaceva il caffè ma lo prese come si prende un gran dono.
Poi se ne andarono così, senza chiedersi altro, mano
nella mano.
2° attimo
Lei desiderava il grande amore sempre sognato; non
l’aveva mai provato ma ne aveva tanto sentito parlare. In realtà lei dubitava
che esistesse qualcosa del genere ma, adesso, era sicura che se davvero ci
fosse stato, lo avrebbe, di certo, trovato in lui.
Lui, invece, oltre al pocket coffee, ne aveva tanto di
amore da dare, perché l’aveva conosciuto (non era un ragazzino), ma non gli era
più capitato di poterlo esprimere interamente, neanche in parte. Era sempre
alla ricerca di una “lei” che fosse stata capace di assorbirlo come una spugna
inesauribile e, forse, finalmente, quella spugna era davanti a lui.
La storia andava avanti e, tra un pocket coffee e un
bacio, tante promesse d’amore infinito.
Un giorno lui si pettinò, sostituì gli occhiali con
delle lenti a contatto e si diede un’aria più consapevolmente matura credendo
che le potesse dare più forza per amare.
3° attimo
Si cominciò a parlare di sesso, di luoghi sconosciuti,
dove passare notti insonni pieni di piaceri; Lui parlava di giochi non proprio
da innamoratini e lei, cominciò ad aver paura.
Lui si accorse che per lei, per “giocare”, erano
sufficienti le parole ed una gamma consistente di piccole maliziosità, di
sguardi ambigui. Si accorse pure che non era poi quella spugna che si aspettava
e che il suo desiderio si placava con qualche bacetto ed il resto era poco più
di niente o, perlomeno, rimandabile. Cioè, non considerava a tal punto il
completamento di quell’amore, pur grande,
pur vero, ma così tanto e solamente platonico.
Lui insisteva ed azzardava pure mettendo in pratica la
sua esperienza, ma lei non si muoveva di un millimetro. Infine lui, a causa dell’irremovibile
posizione che lei aveva assunto, piano piano e, senza del tutto volerlo, si
allontanava sempre di più da quel magnifico amore che tante emozioni gli aveva
regalato.
4° attimo
Lei, intanto, cominciava a percepire il desiderio così
come glielo aveva mostrato lui ma, orgogliosa, preferì non tornare indietro e
mentire. Lui, dalla sua parte, accettò le sue bugie e cominciò a credere in una
verità che serviva solo a lui, anche se ci stava scomodo.
In silenzio, con l’ultimo pocket coffee, ritornandosi
i nomi che si erano dati, se ne andarono per le loro strade: lei tra le sue
stelle, lui…chissà dove.
5° attimo
Lei sapeva dove andare ma non perché. Lui sapeva perché
andare, ma non da chi…
Catania 1988
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